Perché
non pensare, quando si decidono le vacanze o un viaggio o una settimana
di riposo, una meta esotica e stravagante? Niente Bangkok o Bali o Marrakech,
ma viaggi cultural-gastronomici, che potrebbero avere come motivo trainante
il pork around the world: viaggio attorno al mondo tra
i luoghi devoti al maiale. Da Porchov a Porcheville, dalla
Baia dei Porci sino allisola di Porco (presso Caprera) toccando
Porcellino, Porcari e Porgellengo.
Quella per il maiale è una predilezione che nasce da una folgorazione
avuta alcuni anni fa. Durante un viaggio in Toscana un amico mi fece assaggiare
un enorme prosciutto che aveva lasciato stagionare in cantina per 36 mesi:
quel maiale è diventato immortale nella mia memoria.
Certo tutto dipende dalle capacità di quellartista che è
il norcino. A Colle di Val dElsa, ne ho scoperto uno molto bravo,
Giovanni Gozzi, che mi ha colpito per due eccellenti salumi, la soprassata
e per quello che molti pensavano essere un prodotto estinto, la gota (la
guancia) lessa.
Giovanni le prepara esclusivamente nel periodo che va da settembre a marzo
seguendo un antico procedimento. Mette sul fuoco un capiente pentolone
dacqua e, quando raggiunge il bollore, vi immerge la testa, privata
del cervello e della peluria, e la guancia del maiale. Dopo un paio dore
la gota è pronta per essere scolata, mentre la testa viene lasciata
ulteriormente cuocere fintanto che la carne non si stacca con facilità
dalle ossa.
Con la testa ottiene la soprassata, spolpando e tagliando grossolanamente
la carne con un coltello, conciandola con sale, pepe e un trito di aglio,
coriandolo e cannella. Limpasto viene prima versato in appositi
sacchi di lino o cotone e poi soprassato fino a far trasudare
tutto il grasso in eccesso. Si lascia appesa in cantina per un giorno,
prima di toglierla dalla sacca e affettarla.
La gota, invece, appena scolata e bollente è condita con sale,
pepe, aglio tritato, noce moscata e poi lasciata raffreddare per alcune
ore prima di essere consumata, come è duso da queste parti,
con luva da tavola e il pane.
Oggi il grasso non lo vuole più nessuno, dice con rammarico
Giovanni che è stato obbligato dai mutati gusti alimentari dei
suoi clienti a sostituire la gota con la più magra pancetta, anche
se nella sua cantina la vera gota lessa non manca mai.
È un esempio di come si possano amalgamare con successo tanti
ingredienti, al pari di una ricetta riuscita: igiene ,qualità,
gusto, aroma, tradizione e creatività. Questo è il Caseificio
Pinzani di Castelsangimignano dove vengono sperimentate anche nuove
soluzioni nellabbinamento e nella miscelazione dei
grandi prodotti di terra di Toscana. Qui si producono grandi formaggi
di pecora, tutte di razze appenninica, alcuni antichi, come il Pecorino
Senese e il Marzolino, altri che nascono dallestro degli esperti
casari, come il Tartufello e il Pepato Senese. Tutti realizzati con
quel latte a crudo che nel formaggio risalta il profumo delle erbe
del pascolo, e lavorato da abili mani di artigiani che prima rompono
la cagliata con lo spino, e poi riempiono e pressano ogni singolo
stampo.
Tipico di Siena e dei comuni circostanti, il Pecorino Senese lo si
produce da novembre a giugno, anche se il migliore è quello
dei mesi primaverili, con latte intero di pecora, fermenti lattici,
caglio e sale. Per oltre cento giorni viene lasciato stagionare su
tavole di legno dabete, avendo cura di rigirarlo almeno una
volta la settimana. Impossibile, poi, rimanere insensibili alla sua
pasta compatta e burrosa al tempo stesso, dal colore tra il bianco
e il paglierino e il sapore dolce che nasconde al palato una leggera
venatura di piccante.
Nel Rinascimento il Cacio Marzolino era assai diffuso a Firenze e
in tutto il senese tanto da venir considerato, assieme al Parmigiano,
il migliore formaggio della penisola. Anche Lorenzo il Magnifico e
Papa Pio II erano particolarmente golosi di questo formaggio che,
proprio dal miglior periodo di produzione, il mese di marzo appunto,
trae origine il suo bizzarro nome.
Consumato dopo trenta giorni di stagionatura, il Marzolino è
inconfondibile per la sua forma simile alla pagnotta di pane, che
mani esperte, con una manualità degna dartista, ottengono
girandola sul tavolo, e una pasta delicata, fragrante e dal colore
bianco candido.
Inventiva e creatività nel tartufello, pecorino senese stagionato
dai 20 giorni fino ai quattro mesi che viene impreziosito da piccole
scaglie di Tuber aestivum Vitt, il tartufo destate, il cui tenue
profumo si abbina perfettamente a questo tipo di formaggio. E poi
il Pepato, pecorino stagionato una ventina di giorni e poi ricoperto
in crosta da abbondante pepe nero, dal particolare gusto dolce e piccante
al tempo stesso.