Getulio Alviani - "Allora pensavo che l’arte fosse l’apice dell’espressione umana, il massimo dell’intelligenza". Così Getulio Alviani ha scritto riferendosi ai primi anni Sessanta. L’arte ha sempre risolto problemi. Per difendere la città durante un terribile assedio i fiorentini chiamarono Michelangelo: oggi invece l’artista sembra aver abdicato al ruolo di risolutore e di inventore di nuove tecnologie "nessuno si sognerebbe di chiamare uno alla Nasa, di chiedere un suo parere a questioni tecnico-scientifiche" secondo un’altra dichiarazione di Alviani.  
  Giovanni Anselmo - "Quasi una riscoperta della tautologia estetica, il mare è acqua, una stanza è un perimetro d’aria, il cotone è cotone, il mondo è un insieme impercepibile di nazioni, l’angolo è una convergenza di tre coordinate, il pavimento è una porzione di mattonelle, la vita è una serie di azioni" (così Germano Celant descrive, tautologicamente, l’arte povera). Anche una pietra è una pietra, come sa bene Giovanni Anselmo, un artista che con l’arte povera ha avuto il suo esordio e che continua a incarnarne lo spirito più letterale, concreto ed essenziale, ridotto e ricondotto alle sue origini e alle sue estreme conseguenze.  
  Luigi Ontani - "Al principio dell’universo / la dea era sola /. Ella depose l’Uovo del mondo". Questa è l’immagine della dea-uccello nel pensiero indiano. Secondo certi miti l’uccello che ha deposto l’uovo del mondo è anche quello che lo cova; è lo spirito che feconda la materia informe (lo Spirito Santo come colomba biblica). L’idea del Caos Universale è legata in tutte le simbologie dell’Uovo Cosmico. Ma l’uovo è già una prima forma di organizzazione del caos. E’ in tutte le culture il principio dell’Unità. In quanto simbolo dell’unità l’uovo è androgino (in alcune culture africane addirittura il giallo del tuorlo rappresenta l’umidità femminile, il bianco dell’albume lo sperma maschile).  
  Michelangelo Pistoletto - "Può sembrare strano, ma inizialmente, negli anni Cinquanta, io avevo focalizzato tutta la mia attenzione su me stesso, cioè sull’autoritratto. Per vedere me stesso dovevo guardare nello specchio. Il problema era come trasferire la mia presenza dal fisico allo specchio alla tela, cioè come portarla nello spazio concettuale che doveva darmi la risposta. Nel 1961, dopo un lungo lavoro, sono arrivato ad una risposta: quando ho dipinto di nero una tela e ho steso sul nero una spessa coltre di vernice, la tela è diventata specchiante. Quando ho cominciato a dipingere la mia immagine, sono rimasto sorpreso nel vederla venire verso di me libera e mobile nello spazio.  
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