Giulio Paolini (Italia) sceglie come luogo del suo intervento la Pinacoteca di Volterra, dove sono conservati capolavori d'arte italiana del medioevo e del manierismo. Qui l'artista denuncia la propria impotenza ad andare oltre nella storia della pittura attraverso l'esposizione di simbolici fogli bianchi: fogli di alabastro, un materiale scelto tra quelli caratteristici di Volterra e dunque omaggio alle tradizioni locali, ma anche adatto a essere penetrato dalla luce e dunque a essere permeabile, disponibile, in attesa di accogliere dei segni proprio come i fogli bianchi dei poeti e dei pittori. Una lastra si libra al centro del cortile della pinacoteca come si sollevasse su una base cubica di alabastro, una scatola che allude all'arte della scultura; altre quattro lastre sono sospese da cavi ai lati del cortile stesso. Le cinque pagine contengono un vuoto: di qui il titolo dell'opera, Omissis. Ma al tempo stesso attraverso la loro presenza e la loro solidità esse disegnano uno spazio, suggeriscono un'architettura, commentano il passato e soprattutto testimoniano come il singolo artista, ma anche l'uomo in generale, non sappia e non possa abbandonare il linguaggio dell'arte visiva. Piuttosto che considerarlo concluso ne continua a indagare lo scheletro.
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