A Poggibonsi tra Chianti e finocchiona

Il Chianti

Poggibonsi è soprattutto terra di ottimi vini, sia di Chianti sia di Chianti classico che si consiglia di degustare facendo lunghe soste nelle cantine delle aziende agricole locali (tra esse si ricorda l'azienda agricola Ormanni).

All'amante delle delizie di Bacco sorge spontanea una domanda: come sarà il Chianti del 2000? Sarà ancora intensamente vinoso, anche con profumo di mammola, oppure emergeranno nuovi aromi? Sarà rubino o violaceo? Verrà ancora utilizzato il governo toscano che fece scrivere al Carducci (il poeta of course): "dal ribollir dei tini va l'aspro odor dei vini l'anima rallegrar"? E ancora, il Chianti classico (dimenticavo... questa fondamentale aggiunta) diverrà piŻ longevo di un tempo?

Il Chianti per la terra dei Guelfi e dei Ghibellini è un affar serio: si può scherzare poco. Non c'è toscano che non conosca il miglior produttore di questo rosso, cosĄ arcinoto nel mondo, o il piŻ bravo; quindi bisogna far molta attenzione sul dare giudizi in una realtà progressista politicamente, ma assai conservatrice sulla tradizione. Non ci sono dubbi che il Chianti 2000 sarà diverso per tante ragioni e per altrettanti cambiamenti avvenuti sia nella produzione sia nel consumo.

La prima querelle è se utilizzare nell'uvaggio da cui nasce il Chianti le tradizionali uve bianche (trebbiano toscano e malvasia) assieme al sangiovese ed eventualmente al canaiolo nero. Per la storia l'evoluzione dell'uvaggio è la seguente: nel 1967 la Doc (denominazione di origine controllata) prevedeva il seguente disciplinare: sangiovese 50-80%, canaiolo nero 10-30%, vitigni complementari massimo 10%. Nel 1984 con la Docg arrivò un nuovo disciplinare che ridusse l'utilizzo delle uve bianche, mentre nel 1996 sono stati varati due disciplinari di produzione (Chianti e Chianti classico) con un disciplinare per il Classico che prevede: sangiovese 75-100%, canaiolo nero fino al 10%, trebbiano e malvasia fino al 6%, vitigni complementari fino al 15%.

Eccoci al primo interrogativo: i produttori di Chianti Classico in quale direzione andranno? Quale rosso ci serviranno? Senza alcuna presenza di uve bianche (sono ormai rimasti ben pochi i tradizionalsiti a oltranza)?

Si continuerà a fare nelle botti tradizionali oppure la barrique prenderà la leadership? E la vinificazione come sarà: nei tini aperti di legno o in contenitori inox con lunghe macerazioni? Forse nel 2000 avremo un Chianti all'insegna dell'unità nella diversità.

Finocchiona

Probabilmente se nel Medioevo il finocchio non fosse costato cosĄ poco oggi a tavola mangeremmo il pane con la "Pepacchiona". Invece il pepe era raro, il finocchio no; cosicchè a questo insaccato veniva aggiunto abbondante finocchio, non per conservare bensĄ per nascondere gli eventuali deterioramenti della carne. Nacque in questo modo la finocchiona e la parola "infinocchiare" intesa nel senso di ingannare.

Nella macelleria Gambassi di Poggibonsi si trova una grande esposizione di giacimenti gastronomici: il salame toscano, il rigatino, la mortadella senese, il prosciutto toscano e ...la finocchiona.

Attenzione a non utilizzare il termine "sbriciolona" come sinonimo perché questa, a differenza della finocchiona, ha un impasto piŻ magro e la sua produzione è prevalentemente industriale. Si può trovare la finocchiona in tutta la Toscana, anche se le migliori sono quelle di questa zona e del Chianti.

Rifilature del prosciutto e guanciale, e il grasso duro, sempre di maiale, vengono macinati a grana media e conciati con sale, pepe, semi di finocchio, aglio e vino, insaccando il tutto nel budello naturale che viene poi legato strettamente. La lavorazione artigianale, che da Gambassi viene fatta ancora "alla vecchia maniera", prevede nell'impasto una piccola aggiunta di salnitro, che, oltre a conservare piŻ a lungo la finocchiona, rappresenta una necessaria operazione di marketing. Il cliente, oggi, acquista solo salumi che hanno un bel colore vivo... "ubi maior...".

Si lascia maturare circa una settimana in un ambiente riscaldato in cui deve essere cambiata l'aria piŻ volte durante il giorno, ma solo dopo una stagionatura di almeno cinque mesi, in cantina o in altro luogo adatto, si può godere del piacere del suo assaggio.

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