Casole d'Elsa: tra maiali in via d'estinzione e pecorini d'eccellenza

La Cinta senese

Se dovessimo fare una classifica dei testimonials dell'italianità gastronomica all'estero, il Parmigiano Reggiano e il prosciutto entrerebbero di diritto nella top five. Di prosciutti ce ne sono diversi e tutti adorabili: dal Parma-Langhirano, al San Daniele e Sauris, da quello di montagna, per finire a Olien (Nuoro) o a Cantalupo (Isernia). Eppure da queste parti si può assaggiare un prosciutto completamente differente dai precedenti, eppure tanto vicino a profumi e sapori provati solamente in Spagna, che riportano allo "jamon iberico" di ventiquattro e piŻ mesi allevato a ghianda e prodotto in solo due milioni di pezzi. è il prosciutto proveniente dal maiale di razza Cinta senese, dal sapore soffice, piŻ dolce del prosciutto toscano, e dalla consistenza oleosa.

Questo particolare tipo di razza suina è "autoctona dei dintorni della città di Siena e in particolare della montagnola senese e delle colline del Chianti senese, è caratterizzata da un mantello scuro con una fascia bianca che cinge il torace, il garrese, le spalle e gli arti anteriori", cosĄ si legge in un documento della Compagnia della Cinta, che ci svela i motivi dell'arcano nome. Ritratta da Ambrogio Lorenzetti nel suo affresco Effetti del Buongoverno (1338-40), questa razza suina si ritrova in raffigurazioni successive come nel pavimento della chiesa di San Sebastiano-Cappella dell'Annunziata (1510) e anche nell'affresco di Sant'Antonio Abate nella Cappella di Casanuova di Ama (1596). Come è facile comprendere siamo in presenza di una famiglia (o razza?) di animali autoctoni in via d'estinzione, o meglio quasi introvabili sino a pochi anni fa.

A Casole d'Elsa Marino Garaffi, con i suoi trenta animali, rappresenta uno dei pochi "salvatori" di questa razza. è facile capire perché nel tempo la "Cinta" sia stata sostituita da quel rosa porcello che troviamo oramai in quasi tutti gli allevamenti industriali: il Large White; il "Cinto" vive esclusivamente brado e si ciba prettamente di ghiande, prediligendo quelle dolci di quercia a quelle amare di leccio. è chiaramente un maiale inconciliabile con la parola quantità. Ma se per lo "jamon iberico" il consumatore paga dalle novanta alle centoventimilalire al chilo, perché non dare vita a iniziative che valorizzino e tutelino l'allevamento della Cinta senese? Se un prosciutto vale, e non solo per le sensazioni che suscita, ma anche per il prezzo, come una stampa, perché non provare anche noi ad avere la nostra opera d'arte gastronomica?

Il pecorino delle Crete senesi e la sburrata

Galleria d'arte Moderna della Valle d'Elsa. Può essere la nuova ragione sociale del Caseificio Cooperativa della Valle d'Elsa, in cui modernità e automatizzazione sono il braccio e la sapienza dell'uomo funge ancora da mente.

L'ambiente è quasi asettico, completamente diverso dai piccoli caseifici sinora visitati, caratterizzati da una manualità spinta, centrale in ogni fase della lavorazione. Qui si usano le mani solo dove è necessario, come per girare e per lavare le forme, oppure per riempire gli stampi. Ma soprattutto l'arte del casaro si esprime nella definizione del quando e come tagliare la cagliata, operazione che non potrà mai essere fatta automaticamente. Solo trenta persone lavorano ogni giorno fino a cinquecento quintali di formaggio; eppure siamo lontani da quegli elementi stereotipati e dal gusto omogeneo che spesso troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati. La Cooperativa della Valle d'Elsa è l'esempio di equilibrato connubio tra artigianalità e tecnologia.

Molto dipende dal latte, che la Cooperativa ottiene dai greggi di tutti i suoi soci, che, a parte la pastorizzazione, non subisce alcun tipo di trattamento. Questo sia per il pecorino delle Crete senesi che per la sburrata di pecorino, i due formaggi tipici di questa zona.

Il pecorino delle Crete Senesi, lo si trova anche in altri comuni della provincia di Siena, come Montalcino, San Giovanni d'Asso e Asciano. è prodotto esclusivamente con latte intero di pecora, dal sapore deciso, secco e persistente; i migliori si ottengono nel periodo compreso tra dicembre e luglio. Al termine di una stagionatura della durata di almeno cinque mesi, la forma del pecorino presenta una crosta di colore marrone, bruno e rossastro, piŻ o meno intenso, mentre la pasta è compatta, di colore giallo paglierino. Un tempo si utilizzava il caglio vegetale ricavato dal fiore di carciofo o cardo selvatico, la cosiddetta "presura", mentre le forme venivano fatte riposare su tavole di abete, periodicamente rivoltate e unte con olio di oliva toscano o aromatizzate con foglie di noce. Oggi questi procedimenti non vengono piŻ eseguiti. Il caglio è di vitello, mentre le forme sono poste su griglie d'acciaio e lasciate in stanze di stagionatura automatizzate delle quali si possono regolare l'umidità, la temperatura e il grado di buio.

La sburrata si può preparare con solo latte di pecora oppure con latte misto di pecora e vaccino. La pasta è semicotta, la cagliata è rotta in maniera grossa; è un formaggio fresco che si consuma entro venti giorni, un mese al massimo. Dal peso variabile tra un chilo ed un chilo e mezzo, ha un sapore dolce che si accompagna ottimamente con le fave. è un formaggio che piace perché è fresco, e incontra molto il gusto della gente.

 

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