Marisa Merz dalla fine degli anni Sessanta sviluppa un percorso che inizialmente la vede tra i protagonisti dell’Arte Povera, ma che con gli anni si sviluppa in una forma autonoma a tratti anche solitaria ma che la vede tra i protagonisti della scena dell’arte di questi anni. È infatti presente a Documenta 9 nel 1992, ha una importante mostra personale al Centro Pompidou nel 1994 e, invitata alla Biennale di Venezia del 2001, ottiene un Premio Speciale dalla Giuria. In questa occasione espone le sue testine di terracotta con lo sguardo rivolto verso l’alto e colorate, a proposito delle quali così scrive Harald Szeeman in catalogo: " (esse) rappresentano la presa di coscienza della delicatezza. Sono silenziose, nel silenzio eloquenti. Sono nate dalla pienezza dell’esperienza. Nel loro esistere si lasciano alle spalle la consistenza dell’essere. (…) Sono la plus-valenza di ciò che è sofferto e sono eloquenti perché private delle caratteristiche del ritratto e perché permeate di un silenzio che assorbe in sé amore e rivolta".

Intimo e visionario, il lavoro di Marisa Merz introduce nel linguaggio della scultura contemporanea tecniche tradizionalmente considerate artigianali o appartenenti all’ambito femminile, ad esempio il lavoro a maglia, sovvertendone la destinazione e attribuendo alle procedure e ai materiali di volta in volta adottati piena dignità. L'artista compone le sue trame lavorando fili di rame da cui ricava forme quadrate o triangolari, la sue strutture fragili sembrano pensate per adattarsi al corpo, come per esempio le celebri Scarpette (1970) in nylon lavorato a maglia realizzate dall’artista sulla misura del suo piede.

Marisa Merz realizza i suoi lavori pensandoli a volte per spazi aperti, in situazioni particolari come su una spiaggia, altre disposti sulle pareti di spazi espositivi come agglomerati di figure, In esterno queste forme appaiono come disporsi come delle piante o meglio delle creature viventi ma è comunque la casa, lo spazio privato, da sempre al centro delle sue attenzioni. Nel 1966, per esempio, realizza un lavoro spettacolare (Senza titolo (scultura vivente)), concepito sia per casa sua che uno spazio espositivo. L’installazione era realizzata con strisce sottili di alluminio collegate tra di loro e fissate al soffitto in modo da ricadere nello spazio con un andamento a spirale capace di dare all’ambiente un’atmosfera magica.