Tra i massimi protagonisti della scena dell’arte degli ultimi tre decenni - Lothar Baumgarthen conta 4 partecipazioni a Documenta a Kassel oltre a numerose mostre personali nei musei di tutto il mondo - sin dagli esordi il campo di azione privilegiato dall’artista prende in prestito le pratiche di osservazione delle civiltà "altre" messe in atto dagli antropologi e, nel corso degli anni, in linea con gli sviluppi dell’antropologia si rivolge ad osservare il sommerso e l’alterità presenti nel mondo occidentale. Dal 1978 al 1980 Baumgarthen soggiorna 18 mesi presso un villaggio Yanomàmi nel sud del Venezuela, è da allora che resituisce la sua sul campo in installazioni sensibili agli spazi espositivi, dove l’indagine critica acquisisce dimensione poetica e le foto in bianco e nero convivono con gli interventi scritti sulle pareti.
Invitato a Documenta 7 a Kassel nel 1982, dipinge negli spazi neoclassici del Museo Fridericianum i nomi delle società indigene del Sud America. Al posto della consueta parata di motti umanisti o di personaggi illustri tipiche di queste architetture, l’artista inserisce i nomi degli "altri" usando un rosso sangue realizzato con la tintura naturale da essi usata per decorarsi che spiega l’origine delll’appellativo discriminante di pellerossa (Monument for the Native Societies of South America).
Nel padiglione tedesco alla Biennale di Venezia del 1984, Baumgarthen presenta un pavimento di lastre di marmo sulle quali sono inscritti i nomi dei grandi fiumi dell’area dell’Amazzonia e dell’Orinoco. L’attenzione attribuita a questi nomi sulla laguna veneziana suggerisce un possibile rovesciamento nelle tradizionali opposizioni tra il cosiddetto vecchio e nuovo continente e mette in evidenza il processo di nominazione che ha governato le relazioni tra i due sin dai primi contatti: i conquistatori attribuivano a terre nuove nomi ad essi familiari ma senza tener conto della cultura già esistente ("América" Señores naturales).
Nel 1993 in occasione della mostra personale al Guggenheim Museum di New York, Baumgarthen scrive sui parapetti esterni della spirale di Wright i nomi delle tribù nord americane indigene dall’Alaska al Messico e sulle pareti interne i nomi delle tribù sud americane indigene dalla Terra del Fuoco al Guatemala. A queste scritte aggiunge participi passati che evocano la violenza subita da queste genti (classificate.. decimate… abbandonate… battezzate). Ne risulta una sorta di mappa non ufficiale del continente americano dove diventano evidente, sottolineate anche dal ruolo non neutrale esercitato dagli spazi del museo d’arte moderna per eccellenza in cui tale intervento è ambientato, le relazioni tra la costruzione dell’identità di un luogo in relazione all’affermarsi di un potere (America Invention)…