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Per esorcizzare
la morte
Fuoco, tensione,
energia, peso, equilibro, movimento, canoa, giavellotto, stella, motore,
spazio, tempo , odori, struttura, suoni, pericolo sono alcuni degli elementi
che caratterizzano l'arte di Gilberto Zorio che insieme ai suoi amici
dell'Arte Povera ha portato nuovi materiali, energie e qualità
nel mondo dell'arte a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta.
Con questo affermava un arte non illusoria o di rappresentazione, ma di
presentazione dei fenomeni e della realtà. Difatti, l'elenco che
apre questo testo basterebbe a parlare da sé di quest'arte fenomenica
che come la vita non è fatta solo del vedere e pensare su quello
che è, ma di ciò che si fa con l'esperienza. Nell'arte di
Zorio, infatti, niente è ma tutto accade: neon che si illumiano,
laser che disegnano, barre di ferro che si muovono, alambicchi che ribollono,
strutture che ruotano, oggetti che fischiano, otri che si gonfiano e noi
in mezzo ad esse come lo spettatore al centro del quadro di memoria futurista.
Tutto
ciò, realizzato con elementi e forme del passato, del presente
e del futuro come: canoe-condizione dello spostamento, giavellotti-forza
del muscolo, stelle-ritratto dell'universo, cuoio-seconda pelle umana,
terracotta-seconda pelle terrestre, crogiolo-pipa alchemica, rame-veicolo
d'energia, lampade-illuminazione della realtà. Sono oggetti che
l'artista sceglie, perché non cose inermi, ma testimoni della storia
dell'umanità, che si pongono tra origine ed esperienza del mondo.
La sua, infatti, è un'arte di metamorfosi, come metamorfosi continua
è la vita, trasformazione e formazione dell'essere attraverso l'esperienza
che l'artista fa tramite la manipolazione della materia. Si, perché
non bisogna pensare al lavoro di Zorio come solo ad un'assemblage di oggetti,
ma quale montaggio e manipolazione delle materie e delle cose stesse data
dalla grande capacità manuale di cui dispone. Certo, perché
il lavoro che Zorio ha compiuto dalla fine degli anni Sessanta è
quello di far riscoprire l'importanza della manualità, del fare
e della totalità dei sensi umani. In questo ci parla del dissidio
natura cultura, della caduta dell'uomo sulla terra e della sua progressiva
riduzione di alcuni sensi a scapito di alcuni altri, o meglio di un'altro:
quello della vista. Come sappiamo il predominio della vista ha portato
l'uomo verso la modernità distanziandolo dagli altri animali che
invece continuano ad avere molto sviluppati sensi come olfatto, tatto,
udito, gusto. Naturalmente, tutto ciò finisce per mettere in discussione
il significato dell'arte, perché é ovvio che per essa non
è più sufficiente utilizzare il termine tradizionale di
arte visiva. Infatti, quando siamo nelle vicinanze di un`opera o di uma
mostra di Zorio questa già si annuncia con i suoi rumori e i suoi
odori come quando andiamo in un bosco e inziamo ad avvertire il profumo
della selva e sentire le grida degli animali. Difatti, egli dice che:
"Il rumore è parte dell'opera, perché è un fatto
plastico." E "Per ciò ho fatto lavori con l'arco voltaico
che ha il rumore di una cascata di cristallo, o come Scrittura bruciata,
dove il gas emanato fa pensare al respiro di un animale." Di fronte
o nei pressi delle sue opere è questa primordialità che
ci viene ricordata, sono questi ultimi sensi che vengono risvegliati,
risensibilizzati da fischi assordanti, acidi odori che si diffondono nell'aria:
"L'odore significa molto per me che ho fatto diversi lavori godendo
dell'acre odore dello zolfo che purifica, dell'alcol che ti entra dentro
avvolgendoti, dell'ozono che ti inebria, dell'acredine del rame e del
bronzo, della forza del ferro e dell'animalità del cuoio che si
diffondono nell'aria." Per cui, non siamo solo noi ad andare verso
l'opera con lo sguardo e tutti i nostri sensi, ma è l'opera che
con odori, suoni e umori a venire verso di noi diffondendosi nell'aria.
Ciò significa spargersi nello spazio, andare in tutte le direzioni
dell'ambiente e quindi non avere più una frontalità prospettica
umanistica, ma l'esperienzialità differenziata dell'umanità
data da ciò che l'opera diffonde nell'aria.
Nell'aria è un altro elemento della sua arte, perché molte
delle sue opere sono il tentativo di vincere la gravità e di poter
rimanere sospesi in aria, di ricongiungersi allo spazio cosmico, o per
la cronaca di riprovare quella sensazione di quando bambino a Termoli
venne sollevato in aria da un forte vento e fatto volare per parecchi
metri. Ecco, come sempre l'arte si dà fra biografia e storia, fra
individuale e collettivo, anche perché essa è segno della
storia, sua immagine e testimonianza. Difatti, abbiamo memoria dell'antichità,
delle origini tramite reperti archeologici che chiamiamo arte o ai quali
l'umanità sente, anche al di là dei significati originari,
di attribuire un valore artistico. Ciò non è solo un valore
di arte visiva, ma di senso profondo dell'esistenza, il che dimostra la
necessarietà dell'arte per l'umanità stessa e il suo continuo
desiderio di ritornarvi.
Fare esperienza
della vita attraverso l'arte e dare coscienza della storia è ciò
che l'opera di Zorio mette in evidenza con la dimensione tempo di cui
necessitano le sue opere per farsi ed essere fruite, perché strutture
mai compiute, in quanto sempre in movimento, ogni volta diverse per posizione,
forma e spirito e che per ciò non si può esperire, come
la vita, con un solo colpo d'occhio. Infatti, aggiunge ancora l'artista:
"Negli ultimi anni ho fatto delle scoperte che appartenevano alla
mia memoria atavica: il giavellotto, la canoa sono strutture cosmiche,
mondiali, globali." Ma se fin'ora abbiamo parlato quasi sempre al
passato, se abbiamo visto quest'arte come testimonianza della storia e
della preistoria, bisogna dire che è proprio la loro struttura
spazialista a farle apparire pure come delle macchine provenienti da altri
pianeti da altri mondi anche futuri, macchine di meraviglia per la vita
e come dice l'artista stesso portatrici di: "Un'energia per esorcizzare
la morte." Così, non è solo l'artista che torna all'arte,
perché più correttamente egli è colui che fa l'arte
e che permette a noi, tramite le sue opere, di fare l'esperienza dell'arte,
di andare dalla vita all'arte. Ed è ciò che facciamo ogni
volta che ci troviamo di fronte ad una vera opera d'arte come nella rocca
di Montalcino, dove Zorio ha installato una delle sue sculture volanti,
una delle sue macchine dell'equilibrio e della mutazione alchemica. Una
metamorfosi che questa volta non è proposta nel lento mutamento
del verderame, ma nell'accidentale spandersi dell'acqua, quell'acqua che
è elemento primario, liquido originario e fecondante e che cadendo
dall'alto, come in questo caso, dispensa e genera quell'energia che mette
naturalmente al mondo arte e vita. Ma se l'acqua mette naturalmente al
mondo la vita e l'arte è il fuoco l'altro elemento che con la sua
energia crea per mano dell'uomo ed infatti grazie al suo controllo che
è stato possibile creare civiltà spirituale e laica come
scrivere le tavole della legge, fondere il vitello d'oro, forgiare il
ferro e passare dal crudo al cotto. Ed è questa potenza creatrice
del fuoco che Zorio rende visibile per una sera, presentando nel cortile
della rocca un soffiatore di vetro che forma gli alambicchi, contenitori
alchemici e chimici delle mutazioni della materia, e da tempo oggetti
inseriti dall'artista nelle sue opere, in modo che attraverso il processo
creativo dell'arte possiamo afferrare anche quello della creazione della
vita. .
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