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Salvo
- È stato già detto Che cosa
dire di Salvo che non é stato giá detto? É stato
scritto da Renato Barilli che dalla fine degli anni Sessanta Salvo si
afferma come una delle migliori promesse del corso concettuale dell'arte
italiana . É stato detto da altri, ma soprattutto da Salvo stesso
con una magistrale opera-lapide con su inciso: IO SONO IL MIGLIORE. Ma,
ulteriore domanda: Cosa si puó dire di un artista che, adottando
la scrittura dei comandamenti, ``Io Sono Il Signore Dio Tuo``, ecc., e
dichiarando di essere il migliore preclude, nel bene e nel male, ogni
giudizio e quindi qualunque tentativo di interpretazione? A questo punto
sono percorribili due sole strade: la rinuncia ad ogni critica e quindi
scrittura, o la possibilitá di scrivere pensando di essere Migliore
del Migliore. Ma in Italia
una simile affermazione, al di lá del narcisismo autoreferenziale
dell'artista, e della buffa giustificazione di chi scrive, finisce per
avere anche una memoria storico-politica, perché, come molti sanno,
Palmiro Togliatti, primo segretario del Partito Comunista Italiano del
dopoguerra, veniva chiamato "Il Migliore" dal suo "popolo
comunista." Cercando di migliorare il senso di quello che sto dicendo
e che può apparire come una stravaganza, va detto che Togliatti,
da buon comunista, si era occupato anche di arte, prendendo posizione
su "Rinascita" contro l'arte astratta e a favore del realismo,
paradosso della sinistra mondiale che era "culturalmente" pro
tradizione, rifiutando il progresso, un fatto, questo, che doveva pesare
non poco sulla cultura visiva italiana dell'epoca e di quella successiva.
Ho parlato di ciò, in quanto il percorso artistico di Salvo risulta
paradossale e perché ripropone, anche se indirettamente, tale dibattito
all'interno del suo fare arte. Infatti, egli è prima "concettuale"
con opere fotografiche e lapidi, poi pittore estremo dagli inizi degli
anni Settanta, quando, dal 1972, abbandona le forme espressive precedenti
per dedicarsi completamente alla pittura.
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Siamo
in un periodo in cui, all'interno dell'avanguardia, era politicamente corretto
"vietato dipingere", soprattutto in maniera "figurativa e
realista." Salvo, invece, non solo dipinge, ma lo fa utilizzando il
meccanismo della memoria e della citazione con vari d'àpres. Ma non
sperate che questo dipingere sotto autorià del passato sia una diminuzione,
perché, per chi, come lui, aveva anche dichiarato di essere il migliore
e si sentiva di essere "tutti i nomi della storia"è un
ulteriore tentativo di rafforzamento dell'autorità creatrice dell'artista,
in quanto sa che solo chi crea può autodefinirsi, mentre il politico
deve essere definito dagli altri. |
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Si tratta
di una forza creatrice che tornando all'arte semina sapere nella socieà.
Difatti, riandando al rapporto tra chi dice IO SONO IL MIGLIORE e chi
viene chiamato "Il Migliore" c'è da aggiungere che a
questo punto Salvo è accusato di tutto, soprattutto, miglior paradosso,
di essere fascista. Ció svelava la paradossalità sia del
comunismo che del mondo dell'avanguardia, il quale dichiarandosi, quest'ultimo,
generalmente di sinistra finge di ignorare le direttive comuniste non
solo italiane, ma mondiali sulla cultura e accusa di fascismo chi si esprime
con opere che sembrerebbero eseguite pensando ai dettami all'ortodossia
comunista: paradossi della vita e dell'arte. Tuttavia,
con questo non voglio esprimere un giudizio politico sull'opera di Salvo,
né mi interessa collocarlo politicamente, o tantomeno pensare che
abbia tenuto presente tali riferimenti; voglio solo dire che il suo lavoro
apparentemente rivolto solo a guardare l'arte, e quindi pensato da molti
come autoreferenziale e "innocuo", serve, invece, come ogni
vera arte, a svelare e criticare i meccanismi d'azione e percezione culturale
della società, o meglio di gruppi sociali. Con ciò egli
dimostrava di continuare a fare un lavoro "d'avanguardia" e
che era ancora possibile "épater le bourgeoises" che
questa volta sono les intellectuelles, perché dopo la crisi mondiale
della borghesia sembra che questa razza in via d'estinzione sopravviva
nel mondo elitario dell'arte. Questo è quanto faceva anche Pasolini
con il suo lavoro accostabile a quello di Salvo, o viceversa, nella sua
versione cinematografica, che abbonda di citazioni e memorie che vanno
dal Medioevo al Rinascimento e Manierismo, da Giotto a Pontormo a Rosso
Fiorentino. Similitudine ravvisabile pure nella voglia di autorappresentarsi
come Giotto-Pasolini nel Decamerone l'uno, o come San-Salvo in San Giorgio
e il drago l'altro. È
una storia fatta non solo della realtà dei volti e delle immagini,
ma pure degli acidi cromatismi dei manieristi sopracitati a contraddistinguere
l'opera dei due. Un lavoro fatto per entrambi di luce: ricevuta dal proiettore
per il primo ed emanata dai colori disposti sulla tela del secondo. Qui
iniziamo a comprendere la contemporaneità dell'opera di Salvo che
a questo punto è non solo "tutti i nomi della storia",
ma anche tutti i soggetti alti e bassi della pittura: figura santa ed
eroica, paesaggio, interni, natura morta, ecc. che propone e ripropone
per serie.È un attraversamento che trova anche corrispondenza nel
movimento temporale che va dalla preistoria alla storia nel museo di Casole
d'Elsa. Ma prima di dire di qualunque altra serie e parlare del valore
di quest'azione seriale va sottolineato che se per prima della modernià
il vaso di fiori è di Caravaggio, mentre per la prima modernità
di Van Gogh e per la seconda di Morandi per la postmodernità la
verià di questo soggetto non può che essere di Salvo, il
quale alcuni anni fa ha dato una nuova immagine, non ancora del tutto
riconosciuta, ad un aspetto dell'arte tanto decisivo quanto semplice.
Quest'attenzione
al quotidiano e al lavoro per serie, infatti, dimostra come ciò
non sia solo una caratteristica moderna del mondo meccanico e dell'arte
a cui essa si riferisce, ma pure della pittura di figura che usa la serie
non per realizzare meccanicamente similitudine, ma pù semplicemente
per creare umanamente differenza. Ciò in un'epoca di avanzata produzione
e riproduzione tecnologica di immagini e cose di serie e a cui l'artista
risponde con l'aura della creazione pittorica che dà semplicemente
vita alla serie della differenza. Ma, qui la semplicità, che non
significa semplicismo, è una caratteristica particolare che qualifica
il lavoro di Salvo, semplicemente perché la sua opera fa pensare
alla classicità. Con tali opere l'artista si aggiunge nel Museo
Archeologico della Colleggiata di Casole d'Elsa tra il Maestro della Maestà
degli Aringhieri e il Pittore duccesco nelle forme della storia e della
memoria dopo Esopo e Carpaccio, o fra il Maestro di Monterotondo e Gano
di Fazio nei paesaggi dell'Oriente e dell'Occidente dopo "Le mille
e una notte" e Cézanne, oppure tra il Primo Maestro di Lecceto
e Domenico Michelino nella luce gassosa ed elettrica dell'aperto e del
chiuso dopo Edison e Flavin, o ancora fra Neri di Bicci e Andrea dei Niccolò
nella quotidianità dei soggetti vivi e morti dopo Caravaggio e
Braudel e quindi fra Girolamo Pacchiarotti e Giovanni della Robbia nell'inevitabilità
della vita come dell'arte dopo Cristo e Salvo.
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