Panforte, pecorino senese e marzolino di Colle di Val d'Elsa

Pane

Pane toscano casalingo cotto a legna". Preceduto da un "I LOVE" potrebbe diventare il logo di magliette, cappellini e una linea di merchandising vario. Me li immagino distribuiti all'interno delle scuole assieme a due fette di pane che racchiudono alcune fette di finocchiona (o capocollo, o salame toscano, o lardo di colonnata o...) sulle note del "me lo merito, merito io", famoso refrain della pubblicità di uno snack per bambini di alcuni anni fa. Una provocazione, certo, ma cosa non si farebbe per evitare che il pane toscano cotto a legna vada ad allungare la già corposa lista dei reperti di archeologia alimentare. La definirei una lezione di "Educazione alimentare applicata": moderni strumenti di comunicazione per uno degli abbinamenti tra carboidrati e proteine piá antichi del mondo. A Colle di Val d'Elsa alla "Corte del pane" della famiglia Verdicchio il pane toscano si fa ancora cosè. Dal loro forno, che risale all'Ottocento, ogni giorno fuoriescono quintali di pagnotte di pane (e anche il panforte gode dello stesso trattamento) che profumano di bosco. è sciocco, cioè non salato, come lo è da sempre il vero pane toscano, fin da quando il fiorentino Dante, nel suo Paradiso fece dire a Cacciaguida: "come sa di sale lo pane altrui", per sottolineare questa sua particolarità. Una caratteristica che ben si sposa con la corposità della cucina di questa terra. Con il passare dei giorni il pane cotto a legna si "rafferma" e diventa piá buono e gustoso; questo spiega perché in Toscana sono nati quegli splendidi piatti della cucina "povera" (che io definirei "economica") a base di pane come la ribollita, la panzanella e la pappa col pomodoro. Vi lascio con un quesito rivolto a tutti quegli imprenditori sempre in cerca di new business: se il 99% delle pizzerie italiane utilizza il forno a legna e l'1% quello elettrico, perché per la quasi unanimità dei forni che producono pane questo rapporto è inverso? A buon intenditore poche parole!

Panforte

"Passeggiando per Colle è semplice trovare la pasticceria Mirella. Basta lasciarsi guidare dal naso. Infatti è difficile resistere al profumo che fuoriesce dal laboratorio dove Piero, uno dei titolari, prepara tra gli altri, anche il panforte senese tipico di queste zone. Il panforte rappresenta l'evoluzione del "Panpepato", dolce del '300 frutto di una miscela di spezie orientali, mandorle e canditi, che fu creato in onore della regina Margherita in visita alla città. Lo si prepara soprattutto nel periodo invernale, tra ottobre e gennaio, anche se a seguito del successo che ha ottenuto tra i turisti stranieri nelle pasticcerie del senese è possibile trovarlo tutto l'anno. Si presenta come un profumato e gustoso pane compatto. Per prepararlo si utilizzano mandorle, noci, frutta candita, coriandolo, miele, cannella, zucchero e un poco di farina. Gli ingredienti sono semplici e conosciuti da tutti, il vero segreto del panforte sono le dosi, che ogni pasticciere tramanda gelosamente di generazione in generazione.

Pecorino senese e marzolino

Se, come sosteniamo, l'artigianalità ancestrale è un'espressione d'arte e un esempio di cultura materiale, l'attività del Caseificio Pinzani di Castelsangimignano è da considerarsi un vero e proprio esempio di ART-igianato . Produce grandi formaggi di pecora tipici di questi luoghi, come il pecorino senese e il marzolino.

Il pecorino senese è un formaggio caratteristico di Siena e dei comuni circostanti. Realizzato nel periodo da novembre a giugno, anche se il migliore è quello dei mesi primaverili, richiede esclusivamente l'utilizzo di latte intero di pecora. Dopo un periodo di stagionatura che può durare dai sessanta ai novanta giorni, il pecorino dalla tradizionale forma cilindrica viene portato in tavola. Quando il coltello ne incide la crosta, gialla e piá o meno abbucciata a seconda della stagionatura, si rimane stupiti di come presenti una pasta compatta che è nel contempo molle e burrosa, di un colore tra il bianco e il paglierino. Dolce e con una leggera venatura di piccante al palato.

Il marzolino è un prodotto di antica origine il cui nome deriva dal periodo di produzione, marzo appunto, e lo si trova in tutto il territorio compreso tra Firenze e Siena.

Nel Rinascimento era assai diffuso e veniva considerato, assieme al Parmigiano, il migliore formaggio della Penisola, era lavorato utilizzando il cagliofiore ricavato dal fiore del carciofo selvatico. Oggi sono rimasti in pochi a custodire l'antica ricetta e il cagliofiore è stato sostituito dall'impiego del caglio di vitello.

Come il pecorino senese, anche il marzolino viene realizzato con latte intero di pecora di razza appenninica, ma se ne differenzia sia per la forma che, dopo essere stata girata a mano su un tavolo, è simile alla pagnotta di pane, sia per il fatto che si consuma dopo circa trenta giorni dalla preparazione. La sua pasta è delicata, fragrante e di colore bianco.

Le piccole emozioni che l'assaggio di questi prodotti suscita dipendono soprattutto dal fatto che si utilizzi esclusivamente latte crudo raccolto dai greggi di allevatori della zona. Il profumo delle erbe di queste colline non viene ucciso dalla pastorizzazione. Qui sta il grande segreto di questi formaggi. La rottura della cagliata con lo spino, il riempimento dello stampo con romaiolo e la seguente pressatura sono tutte operazioni fatte ancora a mano, qui il casaro dimostra tutta la sua sapienza. E i risultati saranno quelli di un formaggio con una pasta compatta e cremosa. La salatura, esclusivamente a secco, e la stagionatura su tavole di legno completano l'opera d'arte.

 

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