MICHELANGELO PISTOLETTO

"Può sembrare strano, ma inizialmente, negli anni Cinquanta, io avevo focalizzato tutta la mia attenzione su me stesso, cioè sull’autoritratto. Per vedere me stesso dovevo guardare nello specchio. Il problema era come trasferire la mia presenza dal fisico allo specchio alla tela, cioè come portarla nello spazio concettuale che doveva darmi la risposta. Nel 1961, dopo un lungo lavoro, sono arrivato ad una risposta: quando ho dipinto di nero una tela e ho steso sul nero una spessa coltre di vernice, la tela è diventata specchiante. Quando ho cominciato a dipingere la mia immagine, sono rimasto sorpreso nel vederla venire verso di me libera e mobile nello spazio. E potevo per la prima volta copiare me stesso guardandomi nella tela e non più in uno specchio che stava di fianco ad essa. Così le due cose, tela e specchio, sono diventate una sola. Questa era un fatto così grande nelle sue implicazioni che ho dovuto cominciare ad interpretarle". Ecco come Michelangelo Pistoletto spiega l’origine dei suoi primi lavori.
E’ come se l’artista volesse rendere oggettiva l’angoscia di Bacon. Da qui alle superfici specchianti, come chiariscono le parole stesse dell’artista, il passo è breve.
"Nel 1962 ho trasformato la tela specchiante in uno specchio di acciaio inossidabile e quindi, cercando una forma che avesse le stesse qualità dell’immagine nello specchio, ho trovato che la cosa più vicina era la foto. Attraverso questa soluzione il quadro coinvolgeva direttamente lo spettatore introducendolo nel quadro che diventava anche il suo ritratto". Lo specchio è una soglia in cui si saldano finito e non-finito, passato e presente, arte e visita. L’opera è sempre uguale a se stessa, per la figura che resta catturata nel quadro, e sempre diversa, per il flusso di immagini che coglie in un susseguirsi di attimi precari. L’opera, come nota Celant, oscilla tra rappresentazione ed esistenza, non potendo scegliere tra le due. In definitiva lo specchio è sempre un autoritratto latente: la prima immagine che vi è stata riflessa è quella dell’artista. L’autoritratto è lo stadio dello specchio della pittura, il momento dell’identificazione, dell’assunzione dell’immagine. Solo che l’io guardandosi allo specc
I due specchi che si riflettono creano di nuovo dentro un cilindro che corrisponde alla forme esteriore: all’esterno abbiamo la riflessione virtuale dell’interno. Mentre noi compiamo un gesto apparentemente definitivo, quello di chiudere l’angolo, il riflesso tende all’infinito e noi possiamo prevederlo, poichè abbiamo la precedente esperienza della moltiplicazione. Alla fine ricomponiamo il tronco, brano di un vivente organismo, ma sappiamo ormai che la sua interiorità è una superficie riflettente. C’è un precedente prossimo a questo lavoro: è un albero alto m. 6 di m. 1 di diametro, a cui Pistoletto aveva inferto un taglio speculare. Ma ci sono precedenti più remoti. "Nel 1996 egli ha realizzato un Metro cubo d’infinito, montando sei lastre di specchio rivolte all’interno. Lo svolgimento temporale dell’operazione (registrata anche fotograficamente) rivelava come, accostando successivamente una lastra all’altra, la possibilità di rifrazione delle immagini aumentava sempre più, moltiplicandosi all’infinito.

 
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