GETULIO ALVIANI


Per un’ottica equestre"Allora pensavo che l’arte fosse l’apice dell’espressione umana, il massimo dell’intelligenza". Così Getulio Alviani ha scritto riferendosi ai primi anni Sessanta. L’arte ha sempre risolto problemi. Per difendere la città durante un terribile assedio i fiorentini chiamarono Michelangelo: oggi invece l’artista sembra aver abdicato al ruolo di risolutore e di inventore di nuove tecnologie "nessuno si sognerebbe di chiamare uno alla Nasa, di chiedere un suo parere a questioni tecnico-scientifiche" secondo un’altra dichiarazione di Alviani. L’artista non può limitarsi a usare il telefono, avrebbe dovuto inventarlo. Se una volta dunque il principio era la scienza, ora, con altrettanto rigore, è il linguaggio.
Quadrato (rosa) e suo doppio (triplo) può essere montato su due pareti, un elemento di fronte all’altro. L’elemento posto in posizione speculare è contemporaneamente il doppio del quadrato e il triplo del rosa. Se un tempo Alviani costruiva ,macchine che non c’erano prima nella vita quel che resta è ancora l’ambizione plastica. E una realizzazione impeccabile, Riflessione trasparente (il titolo allude anche alla riflessione mentale) è un incastro composto da un doppio elemento, uno curvo in uno specchio attraversato dall’altro in ferro trattato nelle due metà secondo una diversa intensità di fusione; da una parte acciaio (non arrugginisce), dall’altra corten (è la parte che subirà la metamorfosi provocata dalla ruggine). C’è qui una traccia dell’antico interesse degli artisti dell’arte cinevisuale e dell’arte programmata (una declinazione tutta italiana) per la natura e la differente funzione dei materiai. La riflessione dello specchio viene scambiata per trasparenza, mentre in realtà viene moltiplicato l’e
Il lavoro che Getulio Alviani presenta nella Sala del Palazzo Patrizi a Siena è vicino a questi principi formali ed è dedicato all’evento più importante della città: il Palio (già in questa stessa sala Giulio Paolini aveva realizzato una mostra, organizzata la Luciano Pistoi, dedicata al Palio).
Non è il tema della corsa, o le vicende dei cavalli e dei fantini, o la tradizione storica della città ad interessare Alviani, ma, da artista interessato agli aspetti visuali, tutto l’apparato visivo di contorno, tutto l’armamentario emblematico della città: bandiere, biglie, fazzoletti, coccarde, stemmi con i colori delle contrade che si prestano a mille giochi ottici. Le basi sono costituite da tre cassoni quadrati (cm. 180x180x60), uno nero, uno bianco e uno bianco e nero ( i colori dello stemma della città: una lupa su campo bianco e nero). Su ogni base sono posti due elementi di acciaio speculare curvi, uniti a una estremità, che riflettono moltiplicandole tutte le immagini che vengono collocate davanti. Questo lavoro deriva da un’opera realizzata da Alviani nel 1964. Si chiamava Opgame ed era un gioco ("...un gioco ottico forse anche serio...com’è il palio,..." scrive ora l’artista) composto da dischi rosa e verdi moltiplicati nello spazio del riflesso.. Ma in questo caso viene replicata anche la parola.
Maurizio Fagiolo ha rintracciato come tratti caratteristici del lavoro di Alviani due elementi che si trovano sempre intrecciati nella tradizione artistica dal barocco al futurismo: la luce e il dinamismo. "Il dinamismo vale anche per le altre attività. Gli op dresses: i disegni di tessuti di alta moda ( per la Marucelli) in cui il disegno combinato con il plissé della stoffa entra strutturalmente nel tessuto (mentre assistiamo oggi a una moda ‘op’ orecchiata). Gli op studies, con la tessitura ortogonale di linee per creare retini sempre variabili, oppure con ritmi circolari che fanno nascere spirali o bersagli con riflessi ipnotici. Gli op games, con gli elementi speculari ricurvi che riflettono oggetti, arrivando a moltiplicarli in una prospettiva da ‘fair of vanity’. Le op structures: la replicazione di un modulo con l’intervento anche del colore, che riesce a sfaccettare il diamante programmato. E infine, le op architectures, il cui primo esempio è la ‘superficie a testura vibratile’ per il Kindeergarte
E siccome il lavoro di Alviani è basato sul postulato del rapporto tra arte e scienza e sul rigore che questo comporta, un elemento caratteristico di questo percorso è la coerenza. Risultano pertanto ancora valide alcune osservazioni di allora: "Rinunciando a mezzi estranei, Alviani approda a una nuova forma di illusionismo (la superficie è ondulata o piana?)".
Non propone un’immagine chiusa e perfetta, ma un valore da conquistare, da guadagnarsi, non un punto di vista ma la ricerca di un punto di vista: che, inutile dirlo, non sarà mai trovato. L’oggetto di Alviani ‘cambia fisicamente’ e ‘supera sempre lo spettatore’: cioè rappresenta un fenomeno tangibile e corposo pur restando sempre ‘oltre’. E anche in questo lavoro sul Palio il punto di vista è mutevole e l’illusionismo notevole: l’oggetto è quasi indistinguibile dal suo riflesso. Il dinamismo dello spettatore gioca un ruolo importante nella fruizione dell’opera. "Alviani, in modi diversi, dice sempre le stesse cose: gli interessa la didattica, l’educazione visiva, il modello di comportamento. In una sua struttura ne sono contenute infinite atre: non esiste una visione prevalente sulle altre perché tutte le possibilità di visione sono accettabili". Non esiste dunque una visione privilegiata, la ricerca è problematica perché prende in considerazione le diverse possibilità. Anche "la luce si rivela così una e t

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