GIOVANNI ANSELMO
Energia per non morire


"Quasi una riscoperta della tautologia estetica, il mare è acqua, una stanza è un perimetro d’aria, il cotone è cotone, il mondo è un insieme impercepibile di nazioni, l’angolo è una convergenza di tre coordinate, il pavimento è una porzione di mattonelle, la vita è una serie di azioni" (così Germano Celant descrive, tautologicamente, l’arte povera). Anche una pietra è una pietra, come sa bene Giovanni Anselmo, un artista che con l’arte povera ha avuto il suo esordio e che continua a incarnarne lo spirito più letterale, concreto ed essenziale, ridotto e ricondotto alle sue origini e alle sue estreme conseguenze. Una povertà integrale e radicale, un legame profondo con l’energia viscerale della terra, tanto che spesso gli oggetti di Anselmo sono collocati rasoterra, coricati sul pavimento, secondo una disposizione orizzontale di contatto con il pavimento. Nell’idea del critico che dettò la definizione (mutuata dal "teatro povero" di Grotowsky) e che è stato il maggiore specialista del movimento e compagno di
A proposito del lavoro di Anselmo invece Celant scrive:
"Accettare di vedersi allineati a un processo infinito significa non mistificare il lavoro dietro l’illusione di una libertà futura, ma coglierlo in quanto particolare, fuori dal tempo. Il lavoro di Gianni Anselmo sembra evidenziare questo stato infrastrutturale, che liquefa la realtà della ricerca estetica in un tutto, anonimo e contingente, per darle un’indeterminazione radicale. La posta in gioco è un corpo senza determinazione radicale. La posta in gioco è un corpo senza ombra, che si porta all’interno la sua dissolvenza, penetrando in esso, Anselmo cerca di darne una testimonianza anche se questa si riduce a un momento della sua infinità e invisibilità".
Achille Bonito Oliva colloca invece il lavoro di Anselmo all’interno dell’arte processuale, un’arte cioè che guarda più al percorso che al risultato, più al momento dell’esecuzione che a quello dell’ideazione del prodotto finito, più ai valori effimeri che a quelli perenni monumentali: "Opera nell’ambito dell’arte processuale, evidenziando le relazioni spaziali e temporali di categorie astratte del pensiero, come i termini "tutto", "particolare" e "infinito". Il particolare viene segnalato come un’area luminosa, prodotta da un proiettore sulle pareti o sul pavimento della galleria intesa come spazio totale. Così il termine linguistico viene ad identificarsi con la sua determinazione fisica, nella sua presenza spaziale e temporale" (). Alla mostra Le Stanze al Castello Colonna di Genazzano Anselmo evidenzia infatti fisicamente le categorie spaziali e temporali: la sua opera, Oltremare a nord e il paesaggio ad est, consiste in alcune tracce blu oltremare sulla parete e in un blocco di granito orientato secondo
In particolare la sua opera si fonda sui termini della fisica: energia, massa, peso. Uno dei primi lavori di Anselmo nel ‘66 è una sorta di sfida alle leggi di gravità: l’artista infila in verticale su basi di legno tondini di ferro che espongono quanto più possibile verso l’alto; quando non usa le basi di legno piega il ferro per renderlo una struttura autoreggente in grado di segnalare con il movimento la sua energia al minimo spostamento d’aria: "L’oggetto tradizionale è ridotto al minimo, e comunque esiste solo in funzione della tensione, dell’energia. L’opera è energia ed è in funzione del mio vivere" (). Nel ‘67 fa costruire alcune Masse il cui fine è solo quello di creare una situazione di energia. Nello stesso periodo nasce la Direzione costituito da una "massa" alla quale è applicato un ago magnetico. "Questo lavoro, come altri che lo precedono e lo seguono, inizia laddove esso è - e finisce dove sono i campi magnetici terrestri, il centro della terra, ecc., che a loro volta mi rimandano ad altri.


Laura Cherubini

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