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ELSA
Jimmie Durham è un Cherokee, nato in Arkansas (USA) nel 1940. È artista visivo, ma anche saggista e attivista politico dell’American Indian Movement. Dedito più al teatro e alla performance negli anni ‘60 e ’70, dagli ‘80 realizza anche strani oggetti, assemblage e installazioni che trovano la propria fonte maggiore nella sua cultura, che egli impiega per decostruire gli stereotipi e i pregiudizi della cultura occidentale. Per questo è già stato riconosciuto come uno dei protagonisti della corrente internazionale che ha nell’antropologia e nelle tematiche del cosiddetto postcolonialismo due momenti centrali di ispirazione e ha partecipato a diverse mostre internazionali come Documenta IX del 1992 e la 50. Biennale di Venezia. Ironica e sagace, la sua opera risponde, con il recupero dei materiali, allo scetticismo della cultura occidentale nei confronti delle credenze e dei modi di vita diversi: un tubo di plastica o un bastone non sono un serpente, ma possono averne la funzione. L’uomo di sicuro è una parte della natura che comprende tutto. Ma, postmodernamente, l’artificialità di certi materiali integrati nei suoi oggetti, il flirt con il kitsch dell’idea comune che si ha dei nativi americani e della loro cultura, la storia stessa della forma dell’assemblage e del rimando al ‘primitivismo’ nell’arte del XX secolo non sono una spia dell’ironia con cui Durham guarda anche se stesso? E non capovolge così la prospettiva in un’indicazione per il futuro invece di una ricerca impossibile di radici troppo sepolte dal tempo? Per Arte all’Arte Durham ha realizzato la scultura dello spirito del fiume Elsa, con materiali vari e con una tecnica che vuole evocare la tradizione degli antichi santi scolpiti in legno, simili alle figure preistoriche. Lo spirito, lunghi capelli da Gorgone, con un grosso martello in una mano, spunta alla fine di un lungo ‘serpente’ dal corpo realizzato in tubo di pvc industriale che emerge e si staglia sulle acque del fiume e come il fiume diventa progressivamente sempre più largo. Che cos’è uno spirito? Che cos’è un fiume?

Jimmie Durham, Elsa, 2003
Ponte di San Marziale, Colle di Val d’Elsa
Progetto per Arte all’Arte 2003
Foto Ela Bialkowska, veduta dell’installazione


Jimmie Durham, Elsa, 2003
Ponte di San Marziale, Colle di Val d’Elsa
Progetto per Arte all’Arte 2003
Foto Ela Bialkowska, veduta dell’installazione

Museo della Carta

Il Museo non è solo un luogo di consacrazione e di presentazione di oggetti storici, documenti e immagini. La sua principale funzione è legittimare la conoscenza attraverso la sua attività di raccolta, selezione, catalogazione e presentazione di oggetti, testi, immagini, ecc. Tale processo tende a dimostrare l’autenticità dei materiali storici, ma non si tratta affatto di un processo mentale, al contrario rappresenta direttamente e indirettamente particolari ideologie e condizioni storiche, legittimando il dominio di un dato potere politico e culturale.
L’opera artistica e l’impegno intellettuale si sono concentrate sistematicamente sull’egemonia globale del sistema di conoscenza dell’occidente di oggi, o dell’"autentico" ordine delle cose. Il museo rappresenta tale egemonia nella sua forma più perfetta, mentre è considerato in generale lo spazio finale per la consacrazione artistica. Profondamente colpito da una cartiera abbandonata a Colle di Val d’Elsa, Jimmie Durham ha deciso di trasformarla in un suo Museo della Carta, raccogliendo ogni tipo di carta, dai libri scolastici, alla carta da parati, dai manifesti strappati e appunti, da opere d’arte fino alla spazzatura. Durham ha costruito una rappresentazione totalmente caotica della carta, l’esatta incarnazione della "civiltà".
L’insieme di questi scarti, a loro volta, sovvertono l’ordine essenziale del potere egemonico della cultura moderna incarnata dal Museo stesso. Allo stesso tempo, questa critica realizza un dinamismo estetico all’insegna dell’ironia, dello humour, della poesia e della leggerezza.