BIOGRAFIA
Nato a Garessio nel 1947, Giuseppe Penone vive tra Torino e Parigi.
Nelle sue sculture o installazioni, datate a partire dal 1967, il processo di attuazione è parte integrante dell’opera e sono le azioni compiute dall’artista in rapporto dialettico con quelle naturali, che danno forma a una materia, di volta in volta diversa, svelandone l’aspetto fantastico.
Tra il 1968 e il 1969, tiene le sue prime mostre al Deposito d’Arte Presente e alla Galleria Sperone a Torino. In quegli anni si rivela tra i protagonisti dell’Arte Povera, la teoria critica elaborata da Germano Celant a partire dal 1967, e partecipa alle rassegne internazionali dedicate alle ricerche d’avanguardia: “Konzeption-Conception” allo Städtische Museum di Leverkusen nel 1969, “Conceptual Art Arte Povera Land Art” alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino e “Information” al Museum of Modern Art di New York entrambe del 1970.
L’albero, che Penone considera “l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura”, è un elemento centrale nel suo lavoro. Negli Alberi, un ciclo avviato nel 1969, estrae da una trave di legno l’albero che l’ha originata, ma lo scavo non è mai totale e il tronco con i suoi rami rimane parzialmente incorporato alla struttura geometrica e ne svela l’origine naturale.
In alcune delle sue opere il lavoro umano e quello della natura si intrecciano come in Zucche del 1978 o in Gesti vegetali (dal 1983). A partire dall’inizio degli anni settanta, Penone riflette sul principio di identità, concependo l’idea di limite che lo conforma nell’accezione di confine e contemplando l’azione del contatto.
In Svolgere la propria pelle (dal 1970), Palpebre (dal 1978), Propagazioni (dal 1994), Pelle di grafite (dal 2004), come in altri cicli di opere, tracce e impronte ingrandite, attraverso il disegno, evocano la separazione di tutte le cose, ma anche la loro reciproca relazione, il loro inevitabile appartenere al medesimo universo. Nei Soffi (dal 1978), respirazione e ispirazione poetica si materializzano nella creta o negli elementi vegetali intorno al corpo dell’artista, che lascia su di essi la propria impronta.
“La distinzione tra l’uomo e le altre cose non esiste”, ha dichiarato più volte l’artista, e questa convinzione nelle sue opere più recenti si manifesta nel vitale trasmigrare delle immagini da un materiale all’altro, nell’assimilazione di entità generalmente considerate distinte. Come accade nei Paesaggi del cervello (dal 2000), disegni in cui le impronte del cervello sulla scatola cranica, sono trasposte nelle immagini di grandi foglie o nella serie Anatomie (dal 1993), dove l’artista scava la superficie del marmo facendone risaltare le venature così simili ai canali attraverso i quali, negli esseri viventi, fluisce il sangue.
Sin dai primi anni Settanta il lavoro di Penone è oggetto di importanti riconoscimenti in Italia, Europa, Stati Uniti e Giappone. Ha tenuto mostre personali presso numerose istituzioni pubbliche, tra cui Kustmuseum di Lucerna (1977), Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden, Museum Folkwang di Essen (1978), Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), Städtische Museum Abteiberg di Mönchengladbach (1982), National Gallery of Canada di Ottawa (1983), Forth Worth Art Museum, Museum of Contemporary Art di Chicago (1984), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1984), Musée des Beaux-Arts di Nantes (1986), Villa delle Rose, Bologna (1990), Musée d’Art Moderne di Strasburgo, Castello di Rivoli (1991), Kunstmuseum di Bonn (1997), Musée d’Art Contemporain di Nîmes, Toyota Municipal Museum of Art (1997), Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento (1998), Centro Galego de Arte Contemporanea a Santiago de Compostela (1999), Centre Georges Pompidou a Parigi (2004), Museum Kurhaus di Kleve (2006), Académie de France, Villa Medici a Roma (2008), MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna (2008).
(testo a cura di Daniela Lancioni)